Morire di aborto clandestino in Italia nel 2012

Morire di aborto, se interrompere la gravidanza legalmente diventa troppo difficile
Da affaritaliani Sabato, 15 dicembre 2012 – 09:47:00 di Anna Gaudenzi

In Italia si muore ancora per aborto clandestino. Uno degli ultimi casi è successo a Padova, dove una ragazza di 28 anni al terzo mese di gravidanza, è morta da sola nel suo appartamento mentre tentava di abortire con l’aiuto di un attaccapanni di ferro.

Perché una donna che ha scoperto di aspettare un figlio dovrebbe cercare di risolvere il “problema” da sola con un pezzo di ferro? Se non vuole il bambino, non può rivolgersi ad una struttura medica in grado di farla abortire senza pericolo?

Silvana Agatone è un medico non obiettore, ed è la fondatrice di Laiga, la Libera associazione italiana di ginecologi per l’applicazione della R.194. Intervistata da Affaritaliani la dottoressa ha parlato delle difficoltà di applicazione della Legge sull’interruzione di gravidanza in Italia e ha riportato dati dell’associazione sul numero dei medico obiettori. “La legge rischia di diventare lettera vuota. La pratica dei cucchiai d’oro è ancora presente massicciamente sul territorio”.
Silvana Agatone, è davvero così difficile applicare la legge sull’interruzione di gravidanza?

“Si, nel nostro Paese, applicare la legge sull’aborto non è affatto facile. In molti ospedali non si fanno proprio le interruzioni di gravidanza perché non ci sono medici disposti ad applicare la legge. In pratica non c’è nessuno che controlli che la legge venga attuata. Eppure come recita l’art. 9 della legge: ‘Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’art.7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione di gravidanza secondo le modalità previste’. Ed è la regione che dovrebbe controllare l’attuazione. Ma non avviene, nessuno vigila”.

In che senso?

“Nei nostri ospedali ci sono pochissimi medici non obiettori e oltretutto molti sono in età vicina alla pensione. Se la situazione rimane questa nei prossimi anni sarà difficile abortire legalmente e ci saranno solo aborti clandestini in Italia”.

I dati del ministero della Salute parlano di oltre il 70% di medici obiettori in Italia. E’ una cifra che rappresenta la realtà?

“Purtroppo in molte regioni la situazione è anche peggiore. Noi abbiamo effettuato una nostra indagine nella Regione Lazio e abbiamo visto che la cifra qui è molto più alta anche di quella calcolata dal ministero della Salute. Secondo il nostro studio il 91,3% dei ginecologi del Lazio è obiettore e quindi non svolge l’IVG. La legge c’è ma rischia di diventare lettera vuota”.

Ma quindi per una donna che volontariamente sceglie di interrompere la gravidanza, magari perché scopre che il feto che porta in grembo è malformato, diventa più facile abortire fuori dalla legalità e dall’ospedale, piuttosto che cercare un medico disposto a operarla?

“Purtroppo il fenomeno dei cucchiai d’oro è ancora molto diffuso e ci sono colleghi che operano privatamente. Altrimenti molte donne ricorrono ad internet e comprano farmaci on line per abortire. Se si ha una minima padronanza del web trovare siti che vendono questi farmaci è davvero facile. Altre, le meno istruite e soprattutto le straniere, riescono a procurarsi farmaci direttamente nella stazione della metropolitana. Qui a Roma non è difficile incontrare qualche losco figuro pronto a vendere farmaci illegali sotto banco per abortire”.

Quali sono i pericoli in cui si incorre se si assumono questi farmaci?

“I pericoli sono molto seri perché l’aborto non è seguito da un medico. Molte donne rischiano di morire di setticemia”.

I DATI/ Diminuiscono gli aborti legali ma crescono quelli clandestini

Dalla relazione 2012 sull’applicazione della legge 194 emerge che in Italia la maggior parte dei medici ginecologi non praticano interruzioni di gravidanza. I dati parlano chiaro, più del 70% dei medici si dichiara obiettore di coscienza con punte dell’85,5% in Basilicata, Campania e Molise. Il numero degli aborti è in calo costante: nel 2011 ci sono state 115.981 interruzioni volontarie di gravidanza con un calo del 5,6% rispetto al 2010.

Eppure l’applicazione della L. 194. Il problema riguarda soprattutto la certificazione necessaria per arrivare alla IVG e l’esecuzione dell’aborto nelle strutture pubbliche. Questo contribuisce ad alimentare il mercato degli interventi illegali.

Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istituto superiore della Sanità il numero degli aborti clandestini sono circa 15.000. Ma questa cifra potrebbe essere sottostimata perché non tiene conto degli aborti delle donne immigrate, alcune delle quali praticano l’interruzione di gravidanza più di una volta all’anno.

Prima che l’aborto divenisse legale in Italia ricorrevano a metodi illegali circa 350.000 donne all’anno, si può quindi dire che grazie alla Legge 194 si sono evitati almeno un milione di aborti clandestini in 30 anni. Le donne che abortiscono clandestinamente, sono spesso molto giovani oppure straniere ed emarginate.

Assumono farmaci impropri, comprati sottobanco, come il “misoprostol” o versioni contraffatte della pillola RU486. Oppure il Cytotec un medicinale antiulcera facilissimo da reperire via internet. Tutte queste pillole provocano contrazioni fortissime che inducono nel 90% dei casi l’espulsione del feto.

A.G.

DALLA NAVE DELL’ABORTO AL DRAMMA AFRICANO. LA SITUAZIONE ALL’ESTERO

La situazione nei Paesi in cui l’aborto è illegale è molto più difficile che in Italia. In Marocco per esempio, pur in regime di illegalità, vengono praticati circa 700 aborti al giorno, molti dei quali espongono le donne a procedure pericolose e talvolta fatali. Proprio per aiutare le donne, si era provato a far attraccare al porto di Smir, l’Abortion Ship, la controversa nave dell’aborto. Gestita da Women on Waves, organizzazione fondata nel 1999 da un medico olandese, la nave ha lo scopo di fornire aiuto alle donne che vogliono abortire nei Paesi in cui non è possibile farlo legalmente. L’imbarcazione porta le donne in acque internazionali per praticare gli aborti, i quali secondo il diritto olandese sono legali fino alla sesta settimana e mezzo di gravidanza.  La nave è stata respinta al porto in quello che poteva essere il primo viaggio in un Paese musulmano.

Mentre l’interruzione volontaria di gravidanza rimane vietata in molti paesi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità da anni mette in luce la gravità della pratica dell’aborto clandestino. Secondo L’OMS: “L’aborto clandestino non è solo un problema di salute pubblica ma una questione di diritti umani. I governi hanno l’obbligo, secondo le legislazioni nazionali o le convenzioni internazionali sui diritti umani, di garantire i più alti standard di tutela della salute, a non attuare discriminazioni e garantire ad ogni persona di non dover subire trattamenti inumani e degradanti”. Una ricerca guidata dalla Dottoressa Gilda Sedgh del Guttmacher Institute, uno dei centri che collaborano con l’OMS per la salute riproduttiva, pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet, mostra i dati dell’OMS sull’interruzione di gravidanza. Lo studio fa il punto della situazione sull’aborto nel mondo tra il 1995 e il 2008. Secondo quanto riportato, dopo un calo negli anni novanta, il tasso di IVG praticati è rimasto stabile attestandosi attorno ai 28 casi ogni mille donne tra i 15 e i 44 anni di età. Rispetto al dato di partenza del 1995, che era di 35 interruzioni di gravidanza ogni mille donne, il numero di aborti è sceso ma si è anche arrestata la tendenza alla diminuzione.

I Paesi con tasso più elevato di IVG al mondo sono quelli dell’Est Europa dove ricorrono all’aborto con 43 donne ogni mille, in queste nazioni le leggi sono molto restrittive. Sul totale degli aborti, quelli “insicuri” sono il 49%, ed è indicativo che mentre il numero totale degli aborti sia in diminuzione, al contrario la percentuale di quelli clandestini tenda ad aumentare: nel 1995 le interruzioni insicure erano il 44% del totale. In questo caso le differenze tra continenti sono enormi. Il 97% delle interruzioni di gravidanza in Africa è insicura, come il 95% di quelle effettuate in America Latina. In Asia questa percentuale scende al 40%, in Oceania al 15 e in Europa al 9 %.

A.G.

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